“Just a small town girl Livin’ in a lonely world”
A volte mi fermo a pensare cosa significa essere creativi, a quando ho iniziato, e non trovo un giorno zero, una partenza.
Ho sempre fatto qualcosa con le mie mani, che fosse ricamare, fare la maglia, … col disegno sono negata.
Ricordo che da bambina mi facevo portare dalla mamma in merceria a scegliere stoffe da ricamare con disegni già tracciati da eseguire a punto erba o catenella e tele aida per eseguire gli schemi a punto croce.
Ricordo che creavo vestiti ottocenteschi con l’aiuto di lenzuola e coperte, fermandoli con spille da capelli, ciappi e mollette, o dopo pasqua usavo le carte delle uova per fare gonne e gonnelloni che cucivo con la graffettatrice e arricciavo con l’aiuto dello scotch per giocare alle principesse, rigorosamente principesse Disney.
Qualche giorno fa mia cugina, grande compagna di pomeriggi passati a ricreare gli outfit di Belle o Aurora, mi ha girato l’immagine di una coperta a coda di sirena fatta all’uncinetto; noi la ricreavamo con coperte e cinture e splash! eravamo Ariel.
A 20 anni comprai la mia prima macchina da cucire, un modello base della Singer per principianti, quelle che acquisti in super offerta perché non sai quanto la userai, se ti appassionerai, e tutti i dubbi iniziali. La uso ancora, dopo 15 anni, e due traslochi in cui mi ha seguito fedelmente.
Inizialmente la utilizzavo per accorciarmi i jeans, per riparare qualche orlo, insomma le piccole riparazioni fintanto che ci prendevo confidenza; poi provai a fare la mia prima borsa mare.
Passarono anni in cui non la usavo tanto, a parte per qualche sporadica riparazione.
Cinque anni fa la ripresi in mano, pedale sotto il piede e via! Cucii vestitini per mia figlia e i primi cuscini biscotto, poi mi lasciai trasportare e nacquero le tovagliette americane, borse, copertine, le bambole di pezza.
Piano piano, punto dopo punto, mi sentivo sempre meglio, era ciò che mi piaceva fare, ciò per cui non ero mai troppo stanca. E iniziò a far capolino l’idea di farne un lavoro, un secondo lavoro.
Arrivarono le prime richieste, qualche berretta, qualche cuscino, una copertina come regalo nascita, una shopper.
Aprii la pagina Facebooh, poi Instagram.
Arrivò l’apertura degli shop online.
Arrivarono le prime occasioni per i market.
La partecipazione ai primi contest, timidamente, ben sapendo che sono alle prime armi, che ci sono tante crafter e artigiane talentuose, ma che devo provarci.
La partecipazione a Il Mondo Creativo.
E con il motto “se non provi, non lo sai” mi sono “buttata”, fra virgolette, perché è sempre la seconda attività, quella che viene fatta nei ritagli di tempo che mi lasciano il lavoro, la Nana, la casa, e le uscite (non troppe).
Se mi guardo dietro ho fatto un bel pezzo di strada, e davanti a me ne ho ancora molta da fare. Questo mi terrorizza e mi eccita allo stesso tempo, sono in perenne equilibrio fra il pessimista disfattista e l’ottimismo di chi crede in sé stesso ciecamente. Ci sono giorni in cui sono certa di farcela e giorni in cui vedo tutto nero.
Giorni in cui mi chiedo dall’esterno come appaio; con un’amica creativa ci siamo proprio chieste se viste dall’esterno sembriamo delle disperate o creative dotate che potrebbero farcela.
In quei momenti mi ripeto: se non provi, non lo saprai mai.
E al grido di “Non Smettere di Crederci” con Don’t stop believin dei Journey in sotto fondo, premo più forte il pedale e cucio.
Ecco immaginatemi cosi: bardata in felpa di cotone, seduta davanti alla macchina per cucire, che fendendo le forbici come fossero uno spadone, premo il pedale e al grido “NON SMETTERE DI CREDERCI” cucio come se non ci fosse domani.
Crederci.
Sempre.